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Woolservice contro i disturbi del sonno

 

I disturbi del sonno, si stanno sempre più diffondendo tra gli adulti e in misura ancora maggiore tra gli anziani. Non solo la difficoltà nell’addormentarsi, ma anche il sonno poco costante, porta a svegliarsi tre, quattro volte o anche di più nel cuore della notte o ad alzarsi prestissimo al mattino, prima del sorgere del sole.

I numeri parlano chiaro: oltre dieci milioni gli anziani presentano un disturbo del sonno. Il problema, secondo gli esperti, non è tanto che gli anziani dormono troppo poco, come si credeva in passato, quanto piuttosto che dormono male.

Un riposo non ristoratore che però ha motivi diversi nei due sessi: gli uomini si svegliano perché devono andare in bagno (73% contro il 57% delle donne), le donne invece hanno sonni agitati da pensieri, ansie e preoccupazioni (complessivamente il 90% contro il 66% degli uomini). Lui  spiegano – spesso non si addormenta perché ha mangiato un po’ più del dovuto (7% contro 2% delle donne), lei perché lotta contro un dolore che non dà tregua (8% contro 5%).

“Dopo i 65 anni la quantità di sonno necessaria a stare bene si riduce sensibilmente e fisiologicamente: se da adulti non bisogna scendere sotto le 6 ore a notte e in media se ne devono dormire 7-9 per stare bene, in un anziano si può scendere a 5 ore senza ripercussioni – spiega Raffaele Antonelli Incalzi, presidente eletto Sigg – Con l’andare degli anni poi la sincronizzazione dell’orologio biologico con il ciclo luce-buio si indebolisce e capita più spesso di appisolarsi anche di giorno: il numero totale di ore di sonno perciò di fatto non cambia molto, ma la percezione è un declino del benessere perché restare svegli a lungo di notte è spiacevole e il sonno notturno è più riposante”.

“Per tornare a dormire bene occorre prendere piccole precauzioni e sfatare alcune leggende metropolitane – osserva Nicola Ferrara, presidente Sigg e ordinario di Medicina interna e geriatria dell’Università Federico II di Napoli – Innanzitutto, può essere necessario rivedere le terapie in corso: molti farmaci possono compromettere il sonno direttamente, perché impattano sulla sua struttura come i beta-bloccanti usati per esempio per l’ipertensione, o indirettamente perché provocano risvegli, come i diuretici. Altri medicinali che inducono sonnolenza sono poi per esempio gli antidepressivi, gli antiepilettici e gli anti-Parkinson, alcuni decongestionanti e corticosteroidi; inoltre, alcuni di questi possono anche indurre incubi, allucinazioni notturne, alterazioni del sonno Rem. Una valutazione attenta delle terapie in corso con un’eventuale modifica delle stesse può a volte essere risolutiva”.

Aggiunge Ferrara:  “ Anche uno stile di vita corretto aiuta a dormire meglio: mangiare i carboidrati alla sera facilita il sonno, così come fare una buona attività fisica per almeno 30-40 minuti a giorni alterni, scegliendo magari discipline come il tai-chi che si sono dimostrate utili per prevenire l’insonnia e mantenere un buon ritmo del sonno”.

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